VANELLO, L'ESTRO


Sandro Vanello, l'estro

Uno dei più raffinati registi transitati da Palermo negli ultimi anni, fantasioso, tecnico, intelligente. Sandro Vanello è stato il prototipo del campione ribelle, anticonformista. Voleva giocare come diceva lui, e in quei tempi era difficile con in panchina Corrado Viciani, mentore del «gioco corto». Viciani pretendeva il massimo impegno in campo, fatto soprattutto di sudore e fatica, e regole ferree anche fuori dal campo, dove la vita privata andava gestita in modo impeccabile. Vanello non rispettava queste imposizioni, né in campo né fuori. Studiava, oltre a giocare. Era iscritto alla facoltà di Architettura ed era anche di bell’aspetto. Giovane, intelligente e ricco: difficile pensare che facesse una vita tutta casa e campo, come pretendeva l’allenatore di turno. Per tagliarsi i capelli andava a Roma: solo a Trastevere, diceva, c’è il barbiere che sa tagliare i capelli come voleva lui. Non si fidava degli altri e ogni volta che doveva tagliare i capelli volava a Roma e poi tornava a Palermo, una volta finito il servizio.

Ma Vanello era soprattutto un gran giocatore: giocò cinque stagioni a Palermo, con la maglia numero 10 sulle spalle. Era grande amico di Ferruccio Barbera, figlio del «presidentissimo» Renzo, e spesso cenava a casa del massimo dirigente del Palermo. Lasciò la città nella stagione ‘75/’76, andando a giocare a Bologna al posto di Bulgarelli, bandiera rossoblù, che lo aveva consigliato alla società felsinea dopo averlo visto all’opera nella finale vinta ai rigori dal Bologna contro il Palermo. Prima di arrivare a Palermo, aveva giocato nell’Inter fino a 20 anni, poi era andato a Verona.

Nato in provincia di Udine, proveniva da una famiglia agiata, proprietaria di un’avviata attività. Vanello non vedeva quindi il calcio come necessario per risolvere i problemi più impellenti, quindi lo interpretava come divertimento e sapeva anche far divertire la gente. I suoi lanci erano calibrati e, spesso, millimetrici, lasciava che gli altri corressero per rimanere fresco e libero di inventare la giocata di gran classe. Finita la carriera, si è dedicato al basket, altra passione, e all’azienda di famiglia.