DA IMPIEGATO D'ALBERGO AD ASSO:
LA STREPITOSA CARRIERA DI BRIENZA


Brienza, incontenibile "folletto" rosanero

Foto di Tullio Puglia


Da possibile impiegato d’albergo a possibile campione di calcio. Franco Brienza addetto alla sala ristorante era più di una possibilità, il ragazzo aveva fatto questo tipo di studi e probabilmente sarebbe finito proprio in quel settore, ma non a Cantù, in provincia di Como, dov’è nato il 19 marzo ’79 (a proposito auguri, 21 anni compiuti proprio lunedì) ma ad Ischia dov’è andato a vivere con la madre (originaria dell’isola) dopo la separazione dei genitori. Oggi, è uno dei giocatori più forti del campionato di C1, le medie di rendimento lo eleggono addirittura il migliore secondo i giornali sportivi (vedi l’articolo relativo) e con un futuro molto roseo spalancato davanti.

Da piccolo sogna di finire sull'album Panini, ma si dà da fare per "farsi" un mestiere. «Qualcosa avrei dovuto fare. Non potevo andare a rubare». Ma tra posate e tovaglie il giovane Franco rimane poco. Dopo le giovanili del Compagnone ad Ischia, va a Firenze a cercar fortuna. Non tra i tavoli, ma coi palloni. Gioca nell'Isolotto, squadra satellite della Fiorentina. Un anno soltanto e di nuovo al sud, stavolta a Foggia. «Ho fatto 2 anni nella Primavera – ricorda –, con un’apparizione in serie B. Retrocedemmo ed in C-1 non potevo allenarmi perché ero militare. Giocai abbastanza e segnai pure due gol ma per me rimane una stagione da dimenticare. L’anno scorso, invece, in C2 segnai sei reti». Per sua fortuna, il proprietario del Foggia è il proprietario del Palermo attuale e presidente della Roma, Franco Sensi, il quale decide di mandare il giovane attaccante a Palermo, la sua ultima "creatura". Ha un carattere introverso ed è un tipo silenzioso, ma in campo è sveglio, molto sveglio. Comincia tra le riserve ma ogni volta che entra in campo succede qualcosa: le sue verticalizzazioni sono fulminee e devastanti per le squadre avversarie. In allenamento è attento e concreto, lavora molto e parla poco: l’allenatore si convince, dentro dal primo minuto, ma non da attaccante, bensì da laterale di centrocampo. Ripiegare e spingere, l’ideale per il tecnico del Palermo.

«Già in ritiro mi aveva provato così – dice Brienza – non è stato facile per me adattarsi, considerato che era una posizione nuova, ma giocando sempre ho acquisito fiducia». Giocando sempre e bene, Brienza è uno dei "gioielli" di questo Palermo. Uno di quelli cui predire un futuro in serie A è tutt’altro che utopico. «E’ l'anno migliore della mia carriera, ero arrivato e volevo giocarmi il posto. Ho visto i nomi della rosa e pensavo sarebbe stato difficile, ma sapevo quel che valevo». Sensi ha già parlato di lui, lo conosce, è un suo "pallino" e il padrone del Palermo ha mostrato di "vedere" bene i giocatori. Non era difficile con Brienza: un mix di rapidità, tecnica, disciplina.

Brienza in azione nella gara contro la Fermana

Foto di Tullio Puglia

«Sono contento per le parole di Sensi – afferma –, è un motivo d’orgoglio». Ma nonostante l'interesse di Sensi, Franco non si libra nell'aria, resta sempre con i piedi per terra. Ma prima di sognare, c’è ancora la dura realtà della C. «La Torres contro cui giochiamo domenica è imbattuta in casa: se vinciamo abbiamo la promozione in tasca». Brienza vive a Mondello con la fidanzata e la sorella Cristina, è appassionato di Playstation e Internet: «Mi piace Palermo, amo passeggiare per le sue strade, ma mi piace molto la vita riservata». Il gol forse è l’unica piccola pecca di Brienza: di occasioni ne crea tante ma finora ne ha concretizzate poche: «Dopo aver segnato contro L’Aquila ho provato una sensazione incredibile. Segnare davanti a 20 mila tifosi è una cosa particolare». Dopo il gol ha mostrato una maglietta (regalatagli da La Grotteria) con il volto di Maradona e la scritta "Dio esiste". «Tifo per il Napoli – dice – e Diego era il mio idolo. Questa maglietta l’ho messa per la prima volta contro la Viterbese e non l’ho più tolta. Da allora non abbiamo più perso».

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